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plutonio di quanto il reattore ne consumasse. Quindi il plutonio generato (una volta separato
dall’uranio) poteva essere inserito di nuovo come fissile nel core che poteva continuare a produrre
energia a spese del solo uranio naturale, che rimaneva il vero combustibile dell’intero ciclo. Un
sistema del genere poteva essere (e lo fu) risolto con una progettazione accuratissima ed era legato
allo sviluppo della separazione chimica del plutonio dall’uranio, risolto per i militari su grande
scala, ma costoso e strategicamente pericoloso da trasferire al livello civile per il controllo dell’uso
del plutonio generato che si mette in circolo, ottimo per costruire bombe A.
Un altro problema era costituito da come rimuovere il calore da un nocciolo in cui si sviluppava
un’altissima densità di potenza. Il sodio liquido come termovettore ha proprietà eccezionali, è
trasparente ai neutroni, è leggero, è un buon conduttore termico, ha una ampia finestra di
temperatura in cui rimane liquido, da 110° a 900°C, ed è compatibile, se puro, con l’acciaio. Ma
brucia a contatto con l’aria ed esplode a contatto con acqua. Occorreva quindi creare e, come dicono
i francesi, “banalizzare”, la capacità ingegneristico-tecnologica per rendere “normale” l’utilizzo di
questo fluido negli impianti nucleari al posto dell’acqua, per la quale il problema delle conoscenze
per l’ingegneria non esiste.
Il “breeder project” fu affidato a Walter Zinn, stretto colleboratore di Fermi (per la CP-1) che ne
sostenne l’incarico quando ancora erano i militari ad amministrare le imprese nucleari. Nel 1946 fu
formata la “Atomic Energy Commission” (AEC) e proprio Zinn fu messo a capo del laboratorio di
Chicago rinominato “Argonne National Laboratory” nel 1947. L’AEC affidò ad Argonne l’intero
programma reattori e Zinn fece in modo di dare massima priorità al suo “breeder project”
spalleggiato da Fermi che si produceva in prestigiose “lectures” sul come estrarre il 100%
dell’energia contenuta nell’uranio naturale. E così non mancarono i finanziamenti e fu articolato un
programma di lungo termine basato su tre fasi (tre “Experimental Breeder Reactors”, EBR). La
prima (EBR-I) serviva essenzialmente per dimostrarne i principi di fattibilità, la seconda (EBR-II)
era la costruzione di un impianto pilota capace di realizzare il ciclo completo reattore e breeding di
plutonio per autoalimentarsi (ciclo chiuso) e di consentire sperimentazioni ingegneristiche; la terza
fase sarebbe dovuta essere la realizzare un reattore “demo” (EBR-III) per generare potenza in rete a
spese dell’uranio naturale, come sognava Fermi
L’EBR-I fu costruito tra mille difficoltà, ma dimostrò fattibile il controllo della fissione con
neutroni veloci senza moderatore (usando U-235 al posto del plutonio). Il core reattore però venne
raffreddando con una lega di sodio-potassio (NaK), comoda perché liquida anche a temperatura
poco al di sopra di quella ambiente, ma chimicamente molto aggressiva. Il NaK caldo veniva
raffreddato con aria pompata in un circuito secondario dal quale si ottenne un po’ di energia
elettrica per accendere alcune lampade. Sembra però che la capacità di fertilizzazione (reazione (1))
non poté essere verificata per la modesta durata in servizio del reattore. Fermi poté comunque
assisterne alla sua riuscita, prima di morire a Chicago nel novembre 1959. Ma già nel 1952 (proprio
quando fu fatta esplodere su un’isola del Pacifico la prima bomba H di Teller) fu avviato il ben più
articolato progetto interessante per la seconda fase: ottenere un reattore sperimentale a plutonio
EBR-II da 62.5 MW raffreddato con sodio liquido (Figura 2). Era l’impianto indispensabile per i
test ingegneristici ed economici riguardanti l’intero ciclo (produzione di energia e riciclaggio
plutonio). L’ EBR-II fu reso critico ed avviato nel 1963 e funzionò a piena potenza per più di trenta
anni e centrò tutti i suoi obiettivi, dimostrando l’utilizzo vicino al 100% dell’energia dell’uranio con
un riciclo del combustibile “pirometallurgico” che forniva un plutonio non puro, contenente altri
attinidi fissili e radioattivi, ma efficace per autoalimentarsi per molti anni. Questo tipo di plutonio
ha inoltre il vantaggio di non poter essere utilizzato per la bomba A.